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Viaggi felici – Comisso G.

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“So benissimo che quando mi metto in viaggio vi è una predestinazione a seminare la mia strada di avventure” scrive Giovanni Comisso in “Viaggi felici”, raccolta di ‘reportages’ sulle esperienze di viaggio che, dal 1928 al 1932, lo portano dalla Germania alla Cina, dalla Francia all’Egitto. Pubblicati nella loro versione definitiva nel 1966, i resoconti di Comisso sono ispirati alla convinzione che “non esistono cose semplici, tutto, tutto è profondo, tutto è complesso e misterioso” e rispondono all’ansia dello scrittore di fuggire da un’esistenza irrisolta per proiettarsi nella inesauribile e contrastante vitalità del mondo, sul quale egli posa il suo sguardo mobilissimo e disincantato, lirico e implacabile. Nel suo frenetico girovagare, Comisso scandaglia l’Europa “come un agente segreto inviato da una nazione sconosciuta con l’obbligo di fare dettagliati rapporti di ogni genere sui paesi europei tra le Alpi e il mare del Nord”, assapora i “soffi carnali” della primavera sul Nilo, batte le “piste selvagge” scoperte a Parigi dall’amico De Pisis che lo portano a incontrare ladri e scrittori, prostitute e mecenati, respirando l'”aria ebbra di Montmatre”. Ogni incontro viene filtrato dall’animo irrequieto e anticonformista di un giovane che trasfonde in descrizioni vivacissime e guidate da una sensuale concretezza la sua inesauribile ansia di confondersi con uomini e cose, paesaggi e culture in uno slancio di adesione fisica al mondo che lo circonda e lo sorprende a ogni istante. Memore degli appunti di viaggio dell’amato Stendhal, Comisso reinventa in “Viaggi felici” il personaggio di uno scrittore che intende, come scrive Giuseppe De Robertis, “trasferire in fantasia le cose che vuol narrare, come fosse un inventare dal principio, un inventare tutto”.

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