Segui il tuo demone, soprattutto oggi

Introduzione

Maurizio Bettini, studioso della cultura classica, docente universitario interessato alla valenza antropologica delle testimonianze antiche, definiva in “A che cosa servono i Greci e i Romani?” l’apporto culturale greco – romano “patrimonio interno” dell’uomo contemporaneo, in particolare di noi italiani. Si tratta di “beni che, a differenza di sculture o architetture non si possono né osservare con  gli occhi né toccare con le mani, un patrimonio fluido ed astratto, ma che come tale è ancor più prezioso di quello visibile e tangibile”. L’articolo che proponiamo è il risultato di una riflessione sull’attualità che parte da questa “enciclopedia culturale”, come la definisce lo studioso, a cui non dovremmo mai rinunciare, soprattutto in frangenti destabilizzanti come quello che stiamo vivendo. Il lemma di oggi è Socrate. 

“Segui il tuo demone”, soprattutto oggi

Oggi, come mai prima, siamo spinti ad un pensiero al quale molti si erano disabituati. Ognuno di noi riflette su se stesso, sulle sue inclinazioni, su ciò che gli è vicino, ma ci sono temi che ci accomunano tutti, specialmente noi giovani… che cosa succederà? Come saremo in futuro? Ma soprattutto, saremo migliori? 

Questa è una domanda a cui probabilmente non sapremo mai rispondere, non è stata posta oggi, vive da secoli, sopravvive all’uomo ma ora è incalzante. In molti si sono chiesti se l’uomo può migliorare, se può tendere ad una sorta di perfezione, in particolar modo se lo sono chiesti coloro che sono vissuti in periodi di stravolgimenti di carattere storico e culturale. È naturale che sorgano questi interrogativi proprio perché ogni cosa nel mondo, anche la più triste e maldicevole, porta con sé comunque un kairòs, un’opportunità, che l’uomo deve saper cogliere, nonostante tutto. 

Fichte vive in un’epoca, quella tra Settecento e Ottocento, che non necessita di presentazioni per i profondi cambiamenti che ha portato con sé e per il suo ruolo nella storia e, riguardo alle grandi domande sulle quali abbiamo riflettuto finora, il filosofo, ben noto come iniziatore dell’idealismo tedesco, ha elaborato un suo particolare pensiero. Egli delinea il modo in cui l’uomo deve tendere alla perfezione, cioè all’essere “ragionevoli con se stessi”. “L’uomo” -sostiene il filosofo- “esiste per divenire egli stesso sempre migliore e per rendere migliore materialmente e (se consideriamo l’uomo nella società) moralmente tutto quanto lo circonda, conquistandosi così una felicità sempre maggiore”. È chiaro dunque quale deve essere la rotta della nostra vita per raggiungere quell’eudaimonìa, quella felicità, a cui ognuno aspira, in qualsivoglia epoca o contesto.

L’uomo deve migliorarsi, non solo per se stesso, ma anche per gli altri, per la società in cui vive, per i posteri. Ogni cosa nel mondo può cambiare, può trasformarsi, di conseguenza anche noi, con il vantaggio (o con l’aggravante) che i nostri mutamenti si riflettono su chi ci circonda, ragion per cui è davvero necessario che essi siano positivi e che mirino a dare la miglior versione di noi stessi.

Ora però ci chiediamo, come migliorarci? Quale il nostro kairòs? Tracciare le linee della teoria e dei propositi è sempre piacevole tanto quanto semplice e astratto, però poi c’è un mondo al di fuori di noi, ci sono milioni di fattori in gioco, milioni di imprevisti, di ostacoli… e allora  come superarli? “Segui il tuo demone” è il consiglio di Socrate ed è il  titolo dell’ultimo libro del prof. Ivano Dionigi, ma è anche la possibile  risposta alla nostra domanda. Noi pensiamo che i nostri problemi siano solo nostri, siamo egocentrici  in questo, e ciechi, poiché non vediamo come, nonostante cambino le società, le culture, le opinioni, nonostante passino i secoli, l’uomo rimane sempre lo stesso, chiuso nel suo io, e gli stessi sono i suoi dubbi interiori. Ad una domanda fondamentale Fichte dà una  risposta, la delinea e la spiega, e Dionigi, attraverso le parole di Socrate, ci dice come metterla in pratica, come conseguirla. Questo dàimon che ognuno di noi ha è ciò che dobbiamo seguire per il nostro progressivo miglioramento, per essere coerenti con noi stessi nel senso di essere in accordo con la nostra più intima razionalità.

Questa riflessione si può declinare nei nostri giorni pensando specialmente a noi giovani. Non c’è altra strada per noi, al fine di migliorarci, se non quella di non accettare mai di doverci adagiare al conformismo, alle visioni uniche, al non dibattito. Probabilmente chi leggerà queste parole le troverà molto contro tendenza, e per fortuna aggiungo, poiché questo è il loro obiettivo: oggi, come raramente in passato, viviamo in un sistema mediatico che ci imprime un determinato pensiero, tutti i giornali si accodano sulle stesse idee, ogni pensiero che esce dai binari delineati viene definito falso, in malafede o comunque allontanato e privato di ogni visibilità. Se a questo aggiungiamo il fatto, enormemente rilevante, di non poterci formare appieno, è inevitabile che andiamo incontro a terribili conseguenze future. Per formazione è da intendersi in primis la scuola, che, malgrado ogni sforzo di ragazzi e professori, ha perso in questi giorni le sue istanze fondamentali, ma non solo essa, anche la formazione sociale e quella più ampiamente umana sono in difficoltà. L’uomo, secondo importanti studi scientifici sulla psiche umana, alterna fasi di formazione e cambiamento a fasi di consolidamento di ciò che ha sperimentato nella sua vita. L’adolescenza è il momento formativo imprescindibile, determina in gran parte chi saremo domani; quel miglioramento di noi stessi, che Fichte auspicava, deve e può partire solo da lì. Il nostro demone è adesso che va seguito. 

Ci saranno altre occasioni? Forse, ma di certo nessuna potrà significare tanto come questa. Oggi ognuno di noi deve cercare di essere più anticonformista possibile, deve uscire dagli schemi, deve porsi domande, avere dubbi, deve essere unico in sé, per sé, e non prendere parte ad un pensiero unico. Dionigi, docente di letteratura e lingua latina e già Magnifico Rettore dell’Università di Bologna, nella conferenza che ha tenuto in occasione del Festival del Classico 2020 riflette sul fatto che i giovani di oggi non solo non hanno risposte, ma non hanno nemmeno domande e questo è il male più grande. Se non ci poniamo domande, su noi stessi, sul mondo, come possiamo migliorarci e migliorarlo? Per diventare dotti noi dobbiamo usare, o ancor più sfruttare, la scuola, i momenti di formazione, le relazioni ma anche le vicissitudini che affrontiamo e abbiamo, non il diritto, ma il dovere di avere domande, di non accettare nulla senza le dovute spiegazioni. Come potremmo raggiungere altrimenti un livello gratificante di coerenza con noi stessi? 

Non miglioreremo mai se saremo adagiati su quanto ci viene detto, se saremo seduti sulla più acritica normalità già da giovani, in mesi in cui tutti parlano di un mondo migliore in futuro, e troppo pochi considerano che quel mondo dipende da ogni individuo di oggi. Se io seguirò il mio demone, se io migliorerò, se io cercherò di raggiungere la mia felicità, avrò fatto il bene degli altri e del mondo. Non c’è altra strada, questa è la missione di ogni uomo, da perseguire fino all’ultimo atto della vita, nonostante tutto.

Edoardo Galletti, VA Liceo Scientifico

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