La mafia raccontata a scuola attraverso il videogioco
«Perché io, giovanissimo studente marchigiano della provincia di Pesaro-Urbino, nel 2022, dovrei interessarmi di ‘mafia’?!»
È quello che ha spiegato il relatore Luca Federici, investigatore antiriciclaggio a Budapest, per un’importante società FinTech, tornando nella sua provincia di origine, nell’aula magna dell’Istituto Omnicomprensivo “Montefeltro” di Sassocorvaro. In coincidenza esatta della trentesima ricorrenza dell’eccidio di Capaci, ieri, 23 maggio, in cui persero la vita, per mano mafiosa, gli agenti di Polizia, Vito Schifani, Antonio Montinaro e il trentenne Rocco Dicillo assieme alla magistrata Francesca Morvillo, moglie della vittima designata, il giudice Giovanni Falcone.
Per oltre due ore le studentesse e gli studenti del triennio si sono immersi con grande attenzione all’ascolto e narrazione del 1992, l’«anno terribile, forse il peggiore, della storia repubblicana» al fine di capire cosa portò Cosa nostra ad attaccare frontalmente lo Stato italiano, all’epoca già provato da una situazione economico-finanziario-monetaria di crisi e dalla slavina dei processi a Tangentopoli.
Tornando alla domanda: «Perché io: giovanissimo studente marchigiano, della Provincia di Pesaro-Urbino, nel 2022, dovrei interessarmi di ‘mafia’?!?»
Si potrebbe rispondere a questo quesito con i dati, perché nell’ultimo decennio, circa 60 beni sono stati sequestrati dagli inquirenti sul suolo marchigiano, di cui circa una quarantina nella specifica provincia di Pesaro-Urbino.
Questo non per dire che le Marche abbiano perso l’innocenza diventando “terra promessa” mafiosa, ma “semplicemente” per ribadire l’ovvio, e cioè che la mafia non è più una questione solo Meridionale e neanche, ormai, esclusivamente italiana: bensì un fenomeno globale.
E quindi, per contrastare un’organizzazione criminale priva di confini, è necessaria un’altra organizzazione, imperniata sul sistematico operato dei singoli organizzati per un preciso fine, la convenienza della legalità. Basata su una cittadinanza consapevole. Una cittadinanza munita di anticorpi.
E quale investimento migliore se non scommettere sulla forza immunitaria ideale e culturale delle nuove generazioni? Da Sud a Nord, passando appunto per il Centro Italia. Perché, come disse Paolo Borsellino, «Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo».
Per spiegare la complessità della mafia, durante la relazione, Luca Federici si è anche servito del videogioco: in particolare della serie videoludica Mafia che, con circa 25 milioni di copie vendute in tutto il mondo, intrattiene i videogiocatori da vent’anni. Ma anziché “limitarsi” in facili giudizi morali sulla giustezza o meno di un brand che si chiama appunto Mafia o nel limitarsi a “giocare” intrattenendosi con il videogioco, si è servito trasformandolo in strumento di insegnamento, perché come dice Federici «il videogame è un linguaggio in grado di spiegare la complessità». Usando quindi i videogiochi, nelle scuole e nelle università, come mezzo di apprendimento. Persino nelle storie di mafia.
E se si pensa che questo binomio di spiegazione tra la serietà della mafia e l’apparente frivolezza del videogame sia inconsulto, si sappia che, fino a trent’anni fa, questo stesso articolo non si sarebbe potuto scrivere così. Perché senza l’operato di Giovanni Falcone, la mafia, non esisteva. È per questo che ricordare, trent’anni dopo, non è stato mai così avvenirista. Soprattutto dentro una scuola.