CANTO XXXIII DEL PARADISO
Siamo alla fine del viaggio, nell’empireo, nel cielo decimo, nella Candida Rosa. Tutto è compiuto e il poeta sta per vedere Dio. Nella prima parte del Canto San Bernardo, nella preghiera alla Vergine, ha chiesto, per il poeta, la possibilità di vedere Dio, senza perdersi. Nella seconda parte Dante descrive la visione, e lo fa cercando con fatica le parole, poiché la visione di Dio non è descrivibile con il linguaggio umano. Noi che abbiamo viaggiato con Dante attraverso l’Inferno e il Paradiso, improvvisamente siamo come lasciati davanti ad una pagina bianca mentre lui, nel custodire la visione della Trinità, sostenuto dalla Grazia, fa l’esperienza dell’amor che move il sole e le altre stelle.
A l’alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e ‘l velle,
sì come rota ch’igualmente mossa,
l’amor che move il sole e l’altre stelle
Siamo con Dante davanti alla visione di Dio, come lui incapaci di ridire; come lui facciamo l’esperienza affascinante della contemplazione. Nel silenzio contempliamo e facciamo silenzio perché abbiamo compreso che non tutto può essere detto, occorre anche custodire e trattenere. Accanto a questo monito, Dante ci regala l’ultima sua lezione: è solo l’amore che muove le stelle e il mondo. E’ la forza dell’amore, con la sua energia, a trascinare e muovere passioni, sentimenti e interi sistemi seppur complessi. Senza questa passione nulla si muove, non si compie il viaggio, non si trova la forza di scendere negli abissi, non si sale, non si attraversano luoghi impervi. Dante oggi ci consegna la sua Commedia; a noi il compito di provare a ridirla con parole nuove per far muovere, ancora una volta, il sole e le altre stelle. E oggi, con fatica, è accaduto.
Classe V AFM