L’identità europea
Quali sono le radici europee? La nostra realtà è più vicina a quella araba di quanto noi pensiamo?
Caterina Resta, docente di filosofia all’Università di Messina, sostiene che “Senza un ennesimo sforzo di traduzione con l’Islam non vi può essere Europa, sparirebbe l’intera storia dell’intero Mediterraneo”.
In contrapposizione alla Resta il filosofo Roberto Esposito e lo storico editorialista Ernesto Galli Della Loggia non negano la presenza di un’influenza da parte degli arabi ma sottolineano quanto questa sia trascurabile se comparata con l’influenza greco-latina.
È risaputo e inconfutabile che l’Islam e il Cristianesimo, oltre ad essere entrambe religioni monoteiste, vedano come stesso capostipite Abramo, però nel corso della storia (e tutt’ora) la visione religiosa è evidentemente contrastante. I paesi arabi sono da sempre fortemente teocratici e considerano la legge islamica elemento essenziale nella gestione del potere. In Europa vi è una netta distinzione tra quelli che sono il pensiero politico e la vita religiosa. Anche riconoscendo la forte ingerenza tra potere temporale e spirituale rimane netta la separazione dalla teocrazia islamica.
Dall’Arabia ci sono pervenute un sacco di invenzioni, d’altronde il Mediterraneo è sempre stato un territorio di commercio, scambio, incontro, conflitto. Ad esempio se parlassimo di scienza, architettura, astrologia, matematica non potremmo non parlare dell’influenza araba.
Se però, controbattono Esposito e Galli Della Loggia, non vi fosse stata questa capillare influenza in campo scientifico, l’Europa sarebbe diversa ma la sua identità non muterebbe. La nostra conoscenza si basa sul nostro modo di porsi e percepire, quindi sulla nostra coscienza che in particolare si trova ad avere un’impronta greco-latina. Gli arabi infatti non erano dediti alla poesia, all’espressione del sentimento, mentre in Europa sono fondamentali il diritto romano e il logos greco: la parola come capacità di analisi ed espressione.
Caterina Resta afferma che “O l’Europa riconosce anche questa sua radice, o, a causa di questa sua amnesia, perderà la stessa possibilità di riconoscere quello che è sempre stato il suo tratto specifico: un’identità plurale che obbliga ad un’incessante traduzione […] Il pericolo è lo scontro di civiltà, esattamente quello che persegue il fondamentalismo islamico, che vorrebbe costringerci a nuove crociate”.
Analizzando le parole della docente di filosofia, siamo arrivati a pensare che l’essenziale, per evitare la conflittualità e rendere possibile un confronto, è non dimenticare e accettare le proprie radici cristiane, greche e latine. Se non si facesse così, e se si abbandonassero le proprie tradizioni per evitare gli scontri culturali, si perderebbe la propria identità e si andrebbe incontro ad una presa di potere totalitaristica. Ciò che c’è di più giusto ed importante è conoscere ed imparare a convivere nella diversità, rispettando le culture e le ideologie, senza sopprimere le proprie a favore delle altre. Semplicemente vanno evitate l’ostentazione, l’eccessività e l’imposizione, sia nel culto delle proprie idee che nella critica di quelle altrui. Ogni mentalità va rispettata purché non mortifichi o discrimini le mentalità contrastanti.
Lia Mercatelli, III A L.S.O.